domenica 26 settembre 2010

Passata è la tempesta...


Dopo due settimane dal rientro si può cercare di fare qualche considerazione senza che l'emozione del momento possa essere condizionante.

Come prima cosa direi che questo lungo viaggio (quasi 3500 km di automobile in due settimane più due traversate in traghetto) possiamo considerarlo composto di tre viaggi distinti, anche se uno dietro l'altro: uno tra le montagne, uno al mare ed uno nelle città; tre viaggi diversi, tre tipi di coinvolgimento emotivo diversi. Tutti tre i viaggi avrebbero meritato molto più tempo e sarebbe stato meglio potersi fermare in ogni luogo per più giorni per potere meglio assaporare paesaggi ed ambienti; il tempo però era limitato e quindi siamo stati costretti nostro malgrado ad essere sempre "in fuga". Cominciamo dall' ultimo, quello più turistico e meno forsennato, le città di Victoria e di Vancouver. Molto diverse, in dimensioni ed in vivibilità: tanto "british" e tranquilla l'una quanto metropoli al limite del caotico l'altra. Allo stesso modo noi ci siamo trovati molto più a nostro agio a Victoria piuttosto che a Vancouver, anche perchè ci siamo resi conto che Victoria è una città per vecchietti e noi siamo ormai sulla strada... Il viaggio sulle montagne è stato quello più faticoso (fortunatamente ad inizio viaggio) ma è anche stato quello che ci ha messo più a contatto con la maestosità dei panorami e, allo stesso tempo, con la tranquillità dei laghetti. La natura compariva in maniera forte, evidente, con distese sterminate di alberi improvvisamente attraversate da fiumi impetuosi che originavano da ghiacciai ahinoi sempre meno estesi e gli animali, che pur si vedevano in quantità, erano quasi dei piacevoli comprimari. Siamo stati poco favoriti dal clima, che, fosse stato un po' più soleggiato, ci avrebbe permesso di godere maggiormente dei panorami: purtroppo una settimana di condizioni atmosferiche particolarmente variabili ci ha portato a non fruire al meglio delle maestosità delle Rocky Mountains, le cui vette erano spesso coperte da nuvoloni minacciosi (e siamo riusciti, ad inizio Settembre, a prendere pure la neve...) La parte centrale del viaggio, invece, quella nell'isola di Vancouver, è stata senza dubbio la più emozionante. I luoghi erano meno maestosi, ma non per questo meno emozionanti, boschi di conifere che scendevano sino al mare (nonostante la latitudine non fosse poi così estrema, corrispondendo grossomodo alla Germania centromeridionale), fiordi rocciosi ricoperti di vegetazione lussureggiante... Ma quello che colpiva di più era la fauna, che appariva improvvisamente da ogni dove, dando l'impressione di essere i visitatori di un enorme zoo a cielo aperto. Bastava uscire di poche centinaia di metri dalla baia del delizioso villaggio di pescatori in cui risiedevamo per ritrovarsi in mezzo ad orche, foche, leoni marini, lontre... (era sufficiente uscire in mare con un kajak per trovare le orche e le lontre non si facevano scrupoli ad entrare fra i moli del villaggio) Ancora una mezz'ora di navigazione e, entrando in un fiordo, si potevano incontrare aquile, aironi, cervi, ma soprattutto il grizzly, padrone incontrastato di quei luoghi.

La fatica è stata tanta, le soddisfazioni e le emozioni hanno comunque pienamente giustificato tutti gli sforzi fatti. Tornarci? La tentazione è molto forte, è anche vero che i posti nel mondo da vedere sono ancora tanti...

domenica 12 settembre 2010

Ma che bel viaggiare è viaggiare in business!

Sono le 15 ora locale, mezzanotte circa ora italiana. Siamo già in aereoporto; poichè a Vancouver c'era un venticello piuttosto freddo e Stefano è ancora abbastanza raffreddato, abbiamo preferito venire subito in aereoporto e stare qui in attesa del volo. Ieri sera abbiamo fatto il check-in on line e ora ci è toccato solo consegnare i bagagli in una corsia preferenziale e fare una piccola coda agli imbarchi. Poi abbiamo cercato la longue della British airways (BA) ed ora Stefano è in giro per questo bellissimo ambiente ed io sono seduta in una delle tante comodissime poltrone a nostra disposizione. Abbiamo un bar fornitissimo a nostra disposizione, la linea wifi per pc libera per tutto l'aereoporto. Una piacevolissima Norah Jones sta cantando in sottofondo ed io mi godo questi bei momenti, come direbbe la nostra imperatrice, affettusa lettrice del blog. E' un bellissimo viaggiare, viaggiare in business. Si paga di più ma ne vale sicuramente la pena. Avevo trovato il volo per 1500 euro a persona su volagratis, che in due faceva ovviamente 3000 euro, contro i 2500 della economica. Per sicurezza, forse eccessiva da parte nostra, abbiamo optato per l'acquisto dei biglietti in agenzia ma qui l'offerta non c'era e ci hanno fatto il volo sempre a/r a 1800. Potendo spendere o per causa forza maggiore, come per me che ho l'artrite, quei 250 euro di differenza la business li vale tutti tutti. In volo abbiamo avuto due posti uno di fronte all'altro (ora danno Sade), comodissimi sia per starci seduti e stendere le gambe sia per sdrairsi, in qunato si allungano raggiungendo una penisola più lontana e dando forma così ad un letto vero e proprio. Io ci ho dormito e potevo anche cambiare posizione (ed io non sono proprio una piccolina). I pasti sono stati ottimi sia sul volo per Vancouver che su quello da Pisa per Londra. Vediamo ora in questo viaggio di ritorno. Tra poco mi farò un tea, se volete favorire siete ospiti miei e di BA

sabato 11 settembre 2010

Andresti a vivere in Canada?

Si, senza dubbio  o nella zona di Victoria o nel Quebec, più a misura nostra. Mi porterei però dall'Italia il bidet!

Ok, ma quanto costa davvero mangiare lì?

Nei due ristoranti, diciamo da guide, abbiamo speso cifre molto più basse che in Italia in ristoranti di analoga qualità. I nostri conti non hanno mai superato i 100 dollari canadesi, un dollaro canadese sono 65 cent di euro. Sono prezzi a portata della classe media locale ed infatti i locali sono sempre pieni. Un discorso a parte sono i veri conti. Mi spiego. Qui ti portano il menù con il prezzo delle pietanze, nel conto poi ci aggiungono le tasse e tu devi aggiungerci il 15% in media di mancia per il cameriere e devo dire che fare i conti dopo aver mangiato è un po' una tortura, lo scotto da pagare per mangiare bene e a minor prezzo che in Italia. QQuesta differenziazione delle tasse è applicato dappertutto. Qualsiasi cosa compri dal vestito al supermercato. Devi stare attento al prezzo se è included tax e di solito non lo è. La tassazione varia dal 7 al 12 % a seconda della merce. A conti fatti i nostri conti al ristorante non superavano mai i 115 dollari canadesi. La benzina costa poco ma se si è sull'Isola di Vancouver costa una decin di cents in più rispetto alla terraferma. Il prezzo è intorno al dollaro al litro, ripeto 65 cents di euro (la metà che da noi).

Etnie

Il Canada si conferma un paese multietnico. Non so se ci siano tensioni tra i vari gruppi ma in questi due viaggi fatti mi pare che non si evidenzino particolari problemi di convivenza. La cosa che mi fa molto piacere è vedere come in questo grande paese, colonia inglese fino a pochi anni fa, ora stato indipendente con a capo sempre la regina Elisabetta, ci sia stato il rispetto per la First Nation, come la chiamano qui, cioè il rispetto per i nativi. In questa parte occidentale ce ne sono molto di più. La zona nordoccidentale, tra Kamloops e l'Isola di Vancouver, è tutta abitata da nativi compresa Whistler, meta in per sport invernali. I luoghi hanno conservato i nomi originali, impronunciabili. Lungo la Sea to Sky, la strada che collega Vancouver a Whistler ci sono i cartelli bilingue. Grandi sono anche le comunità cinesi ed indiane, che si contendono la gestione di locali, alberghi e negozi. Da quello che abbiamo potuto appurare la precisione, pulizia e cortesia degli Indiani delle Indie è superiore a quella dei cinesi. Abbiamo avuto una disavventura con il primo albergo qui a Vancouver, gestito da una cinese ed il secondo, di una catena giapponese, con molto personale cinese, ha qualche pecca. Molto puliti ordinati ed efficienti invece quelli di Kamloops e Jasper gestiti da indiani. Per la ristorazione abbiamo avuto una bellissima esperienza a Nanaimo, dove abbiamo mangiato allo Weshely street restaurant, consigliato dalla Lonely. Cucina canadese doc, materie prime eccellenti e ben cucinate. Vini di tutti il mondo, compreso il Greco di Tufo. Noi abbiamo mangiato scallops (cappesante) ottime, enormi e tenerissime e due filetti di carne ben presentati e buonissimi. Il miglior filetto però lo abbiamo mangiato a Jasper, era di carne dell'Alberta, che pare sia la più buona, perchè nei vari altri ristoranti la proponevano a prezzi superiori. Il miglior ristorante in assoluto che abbiamo incontrato è stato però The edge, di cui Stefano ha già scritto. Una questione a parte è l'esperienza a Telegraph Cove, dove tutto aveva un'atmosfera ed un sapore particolare che sarà difficile ritrovare altrove. Questa mi resterà nel cuore. Tra un po' ci accingeremo a fare un brunch al The edge e poi aereoporto per il ritorno a casa.

Pizza!!!

Sempre per non doverci muovere troppo anche ieri sera siamo andati nel ristorante all'angolo. Non volendo appesantirmi ho tentato la sorte ordinando "Buffalo mozzarella with tomato, grana padano and basil" aspettandomi un formaggio di gomma, ketchup e qualche salsina strana, comunque un'imitazione di una caprese. Meraviglia delle meraviglie, mi è arrivata...una pizza! Con la mozzarella di bufala, con il pomodoro giusto e con un'ottimo basilico; pizza che, benchè ovviamente cucinata in un forno elettrico, era croccante al punto giusto e assai saporita e, prova delle prove, ha superato a pieni voti l'esame di Cinzia, che in fatto di pizza è particolarmente esigente. Vedi un po' che per mangiare una pizza decente devo fare 14 ore di volo...

Stefano ha trovato Brooks Brothers.....

...... e ha resistito a spendere solo oltre 300 dollari. Penso sia andata bene, visto il costo dell'ultima visita allo stesso negozio di NY.  Nel pomeriggio abbiamo fatto un giretto in centro, che qui corrisponde alle vie Robson, Alberni, Gerogia e giù di lì. In via Alberni c'è un negozio di Brooks Brothers e Stefano ha trovato un gilet, davvero carino, ed una cravatta pendant ed abbiamo saputo dal commesso inglese che la catena dei Brooks è stata comprata da Del Vecchio, quello di Luxottica per cui ora i negozi avranno un sapore più europeo, almeno nei negozi delle citta europee appunto. Passeggiando ancora e dopo aver fatto uno spuntino abbiamo fatto un giro nell'art gallery che aveva però due piani chiusi (era appena finita una mostra su Degas) e nei due paini rimanenti aveva mostre di artisti a noi sconosciuti. Abbiamo desistito ed abbiamo optato per un giro nel Bookshop. Quest'ultimo, abbiamo scoperto, è affiliato al Moma per cui molte cose sono gift che si trovano anche a NY. Usciti dalla gallery abbiamo passeggiato lungo Robson e ci siamo imbattuti in un negozio Sears, la corrispondente della nostra Coin o Rinascente. Entrati nel negozio, abbiamo scoperto che gli italiani esportano molto in profumi, elettrodomestici e attrezzature da cucina. C'erano i pinguino De Longhi, le pentole Lagostina, macchine Lavazza ect ect.. Abbiamo fatto gli utlimi acquisti per Andrea, il cugino di Stefano, che ci aveva chiesto dello sciroppo d'acero ed io non ho ceduto alla tentazione, fin qui ben controllotata, di comprare un totem. Questo però era davvero carino e non costava nemmeno tanto. Poi si è aggiunto un sottopentola ed una scatola di biscotti allo sciroppo d'acero. Usciti da Sears abbiamo tranquillamente passeggiato fino all'hotel, dove ora ci staimo rilassando, tra un post ed un telefilm di Law and order SVU. A dopo.

venerdì 10 settembre 2010

Non fa per noi...

Decisamente Vancouver non è in sintonia con noi. E' troppo vivace... Come tutte le metropoli americane ci sono dei confini netti, precisi, ma nel contempo assolutamente non segnati. Si passa da una via con tutti i migliori negozi (che poi sono i soliti Prada, Ferragamo, Vuitton...) ma basta girare l'angolo per trovare una situazione diciamo più "alternativa", con negozi (generalmente fatiscenti e non molto ben tenuti) di tatuaggi, palestre di pugilato, sexi shop... Tutto a meno di 200 metri dallo sfarzo di Robson street, però tutti gestiti da giovani, segno dell'intraprendenza diffusa nella multietnica popolazione di questa metropoli. Stamattina abbiamo fatto colazione in un locale a pochi metri dall'albergo, citato sulle guide per il suo look anni '50. Io ho preso un "Farmer breakfast" e Cinzia un "Trucker breakfast" così abbiamo scoperto che i contadini al mattino mangiano 2 uova e un misto di verdure saltate ovviamente ricco in cipolla e peperoni, mentre i camionisti mangiano bacon, patate arrosto e 3 uova. In più stiamo sfogando la fatica di un viaggio meraviglioso ma massacrante; io ho il rafreddore e Cinzia ogni tanto ha le vertigini. Ci curiamo a camomilla senza caffeina (?! Così sta scritto sulla bustina...) e dosi subletali di TV (ho visto dei CSI e dei Law and Order nuovi!) Dobbiamo solo resistere a fare i "vecchietti turisti" sino a domani, poi ci imbarchiamo per il ritorno, andiamo a recuperare la nostra piccoletta e ce ne torniamo a casa nostra... E al quotidiano tran-tran. Però non siamo delusi: una pausa di "cool down" ci voleva. Oggi magari facciamo un altro giretto per le vie "giuste", magari cercando di non spendere una fortuna negli allettanti negozi.

Ultima tappa: Vancouver

Stamani con calma (il tempo di fare pure un'ultima lavatrice) abbiamo preso il traghetto da Victoria Swartz Bay a Tsawwassen (sono nomi indiani...) per poi lasciare l'auto dopo che era stata la nostra "casa" per oltre 3300 km all'aereoporto di Vancouver. Il ferry ha fatto una rotta di slalom fra le isole meridionali dello stretto di Georgia sconfinando per un tratto in acque USA: anche questo ferry nonostante i 90 minuti di traversata pareva una nave da crociera con tutti i confort (ristoranti, negozi, sala giochi, spazio per bambini e animali...).


Dall'aereoporto abbiamo raggiunto con un taxi il nostro hotel e, dopo aver preso possesso della stanza, ci siamo diretti verso Stanley Park, il parco più famoso di Vancouver. Parco molto grande, per tutto il suo perimetro circondato da un viale percorribile a piedi, in bicicletta o coi pattini, in una penisola a Nordovest del centro cittadino. Siccome il parco è molto grande e a piedi non saremmo riusciti a fare tutto il giro, abbiamo preferito salire su di un carrozza di tram tirata da due cavalli, così abbiamo potuto vedere la zona dei totem, le belle vedute della città dal parco, il ponte Lions Gate, il pavillon delle rose, tanti scoiattoli che attraversavano la strada e oche che starnazzavano sui prati. E' molto frequentato sia da turisti che da residenti.

Vancouver è una città molto più affollata di Victoria (l'area metropolitana raggiunge quasi i 3 milioni di abitanti) e comunque troppo affollata per le nostre abitudini, ma ci ha dato l'impressione di essere una città vivace e piena di giovani ma non frenetica nè disordinata; sicuramente un po' lontana dai nostri gusti ma comunque una delle città metropolitane più belle sino ad ora da noi visitate. Secondo le statistiche oltre il 50% della popolazione non ha come lingua madre nè il francese nè l'inglese e quindi Vancouver è una città multietnica dove si possono incontrare visi e abbigliamenti di tutte le razze. Per comodità non abbiamo voluto allontanarci troppo dall'albergo e ci siamo fatti attrarre per la cena da un ristorante proprio all'angolo che si chiama "The Edge social grill & lounge" (?), dove abbiamo mangiato davvero bene, ma visto che c'erano molte voci italiane sul menu e che il purè era fatto bene, abbiamo pensato che il cuoco fosse italiano: abbiamo chiesto...ed era francese. Se vi trovate a passare di qua, ve lo consigliamo.

giovedì 9 settembre 2010

Victoria,B.C.

Victoria è una cittadina di circa 80000 abitanti. E' molto bella e non è frenetica. Vive di un vecchio centro fatto di negozi e locali e due periferie una di bei palazzi con muri tutti a vetrate da cui si gode del mare e l'altra di ville che si affacciano sulla baia, circondate di parchi e piccoli moli a cui attraccare la barca. Anche qui abbiamo notato una folta comunità di anziani ed infatti dalle statistiche sembra che più del 18% della popolazione è over 65 e il 6,5% over 80. Da qui si deduce che le strade sono piene di sedie motorizzate (sedie elettriche :-)) e girelli talvolta con il vecchio seduto ed il cane che lo trascina. La nostra giornata è trascorsa all'insegna del relax e una puntata ai Butchart Gardens e un giro panoramico in Sightseeing Bus della durata di un'ora e mezza. Dopo abbiamo passato del tempo nella piscina annessa all'Hotel e ci siamo rilassati nella vasca idromassaggio.

Totem e fiori






















Il sig. Butchart aveva una cava di cemento e la casa proprio sul limitare della cava. Quando il materiale si esaurì e la cava divenne "sterile", sua moglie che non voleva avere un enorme buco di fianco a casa costruì un giardino portando semi, fiori e piante da mezzo mondo. Da oltre 100 anni il giardino ha continuato a svilupparsi sino a diventare quello che è ora, ovvero qualche ettaro di fiori con un percorso per i visitatori (c'è anche un prato fatto ad arena con un palcoscenico per gli spettacoli ed ogni sabato sera c'è uno spettacolo pirotecnico): si passa dal giardino delle rose (migliaia e migliaia di ogni colore) al giardino giapponese con rocce, cascatelle e piccoli tempietti fra le piante, al giardino italiano con aiuole e vialetti.
Siccome poi questa è zona di nativi americani, ad ogni angolo capita di trovare un totem...

mercoledì 8 settembre 2010

Murales e totem

Senza dubbio sono belli e certamente hanno un significato: se ci fosse stato qualche cartello esplicativo lo avremmo conosciuto anche noi.


















La bicicletta è vera ed appoggiata al muro, ma nel murale ci sta benissimo...





Verso la vecchia capitale

Stamane alle 6 abbiamo lasciato Telegraph Cove sotto una leggera nebbiolina, salutati solo di gabbiani mentre tutto il villaggio era ancora addormentato. Passeggiando per l'ultima volta sulla boardwalk ho avuto una leggera nostalgia pensando che non sarei tornata molto facilmente in questo villaggio incantato. Ma, bando alle ciance o ciance alle bande, abbiamo affrontato i più di 200 km che ci separavano da Campbell River, attraversando nebbie e foreste varie. A Campbell River, precisamente a Willlow Point, ci siamo fermati per la nostra seconda colazione al locale sulla spiaggia dell'ucraina che ci aveva favorevolmente impressionato all'andata, giudizio che nemmeno stavolta è stato smentito. Ben rifocillati, abbiamo ripreso il nostro viaggio verso Victoria, antica capitale della Britsh Columbia, praticamente attraversando tutta l'isola di Vancouver (dove però non sta Vancouver, che è sul continente). Durante la mia lunga preparazione di questo viaggio avevo letto che nel McMillian Provincial park c'era una foresta di pini Douglas centenari chiamata Cathedral Grove; dato che la deviazione dal nostro itinerario sarebbe stata di poche decine di km abbiamo deciso di andare a vedere quasta cattedrale naturale. Non c'è stata deviazione migliore da farsi, poichè la foresta era bellissima. C'erano pini pluricentenari ed uno che vantava 800 anni di età, alto 20 metri più della torre di Pisa: inutile dirvi che era il più fotografato. Il nome di questa foresta deriva dal fatto che l'altezza di questi pini conferisce all'ambiente l'aspetto di una cattedrale gotica davvero bella. Ripresa la strada verso Victoria abbiamo fatto due brevissime tappe, una a Chemainus e l'altra a Duncan, due piccole cittadine diciamo di origine nativa americana. Chemainus, che in lingua nativa significa "petto ferito", ha una caratteristica: su molti dei suoi edifici sono disegnati dei murales. Infatti è nota come "la città dei murales": questa cosa l'ha voluta un sindaco per aggiungere alla città una vocazione turistica, oltre che quella del comercio e della lavorazione del legname, appunto il Douglas. Tale cittadina ha un centro storico molto ben tenuto, fatto di case di legno molto leziose e si ha l'impressione di essere rimasti ai tempi della guerra. Ci sono molti negozi di roba usata (vestiti, mobili, oggetti...) e la popolazione che si vede in giro è decisamente anziana. Nel 1900 a Chemainus si è insediata una comunità di giapponesi ora arrivata a 300 persone (sui 4500 abitanti totali dicharati) e la cosa si nota dai frequenti negozi di sushi. Dopo un veloce spuntino abbiamo preso la strada per Duncan, città famosa per i totem. A dire il vero di totem ce n'erano tanti, alcuni anche belli, ma il fatto in sè ci è sembrato assai insignificante perchè non c'era nessun cartello ci spiegava il significato di quei totem e quindi anche la ragione della loro presenza in quel luogo. Anche Duncan ci ha fatto un'impressione un po' strana; nei pochi minuti in cui abbiamo passeggiato per le strade abbiamo visto parecchi tipi strani: innanzitutto un uomo vestito da donna con enormi tette finte,con un vestito rosa con volant, borsa e scarpe rosse intonate col cappellino, calze nere e lunghi capelli biondi di nylon che stava prendendo l'autobus. Voltato l'angolo una giovane mamma girava con una tetta al vento mentre il bambino che teneva nel marsupio ogni tanto si attaccava a mangiare. Poi una miriade di vecchietti in giro per strada o col girello o con le microcar elettriche, ma non siamo riusciti a capire se c'era un raduno geriatrico o se fosse proprio poloazione autoctona. Alla fine ci siamo definitivamente diretti verso Victoria dove ci attendeva un bellissimo e confortevole albergo, di cui sentivamo il bisogno dopo 10 giorni di levatacce e oltre 3200 km di strada in macchina. Per i prossimi giorni potremo fare i turisti, dato che la parte avventurosa e naturalistica del nostro viaggio è finita.

martedì 7 settembre 2010

Whalewhatching 1

<>Dite un po' questo qui sotto non ha una faccia simpatica?<>
<>
<><>
Mamma orca (pinna più grande) con tre piccoletti
Sono timida: non voglio farmi riprendere di faccia!

Whalewatching 2

Non fa paura neppure alla paperella!
Questa era davvero vicina...

lunedì 6 settembre 2010

Vita a Telegraph Cove


Con il fatto che oggi è festivo, qui l'atmosfera è molto "easy", stamattina non c'è molta gente in giro e sembra proprio di stare in un'oasi di pace. Comunque qui l'atmosfera è sempre tranquilla: è un villaggio dove abitano stanzialmente poche persone e c'è un senso di cordialità diffuso. La mattina quando usciamo ci salutano tutti, dopo 3 giorni siamo già diventati parte del villaggio. E' tutto gestito in modo molto tranquillo, il tempo scorre lentamente senza dover correre o cose impellenti da fare; la ragazza che gestisce il "Cove coffe company" è anche la benzinaia, ma la pompa di benzina (per le barche ovviamente) dista almeno 100 metri, così quando qualcuno ha bisogno di lei, la va a chiamare al bar: lei molla il bar con tutti i (pochi) clienti dentro, appende alla porta un cartello "I'll be back at soon" e va a rifornire le barche. L'ambiente è comunque spartano, direi essenziale, dove i consumi sono accuratamente regolati. Ad esempio stamattina ci siamo accorti che nella nostra "casetta" (quella dell'immagine) il boiler dell'acqua calda è in comune coi vicini: chi si alza prima fa la doccia calda. Stamattina è toccato a loro.

Labour day


Oggi è festa, appunto il labour day, e anche noi per una volta ci siamo alzati tardi. Purtroppo il tempo è piovoso, quindi per ora stiamo "a casa" in attesa di fare colazione e poi, alle 13, di andare a caccia di orche e balene, che tanto se ne fregano della pioggia dato che nell'acqua ci vivono già.
Speriamo vada tutto bene e, anche stavolta, si possano ottenere belle fotografie.

bye

Non mangiamo solo noi...



Su uno dei piccoli moli di Telegraph Code mentre andavamo a cercare il barbecue (stasera però ci ha detto male: siamo dovuti andare al ristorante) abbiamo visto questa graziosa scenetta di una lontra che aveva pescato qualcosa per lei e che subito aveva trovato 4 "amici" che si erano invitati a cena. E' davvero un piacere stare qui, è pienamente rilassante e poi si vive a strettissimo contatto con la natura: la direzione si raccomanda di non lasciare fuori dalle cabin (ovverosia bungalow su palafitte, con i gabbiani che ti passano a mezzo metro dalla finestra) la propria immondizia dopo le 16, ora del ritiro. Qualche settimana fa un orso è passato di notte sulla boardwalk, la passerella di legno che collega tutte le cabins con il caffè, il ristorante, il museo interpretativo sui cetacei, ha trovato dell'immondizia...e ha fatto un discreto casino! Da allora sono comparsi messaggi di sensibilizzazione all'immondizia fuori dalla porta del bungalow, così come in tutte le cabin è assolutamente vietato pulire il pescato: ci sono delle strutture create appositamente per pulire, sfilettare, squamare, eviscerare il pesce pescato nel braccio di mare antistante...e per attirare tutti i gabbiani e la cornacchie del circondario! Gli indigeni sono molto disponibili: si prestano anche ad affumicarti tranci di salmone e di metterli sottovuoto, così te li puoi portare a casa. Ma noi che facciamo, mettiamo il salmone affumicato in valigia?

Aglio e cipolla!

In Canada occidentale si mangia bene, se riuscite a difendervi da aglio e cipolla. Non c'è piatto che non li contenga entrambi e digerirli dopo è un'impresa. Non so come facciano loro! Tutte le volte che andaimo al ristorante dobbiamo spunciare il menù o pregare che non ci metterano questi due bulbi. Aglio e cipolla a parte qui si mangia benissimo, sia carne che pesce. Ora che abbiamo una certa esperienza dobbiamo dire che la carne dell'Alberta è la più buona, ma questa della BC si difende bene. Il pesce poi è buonissimo partendo dal salmone, passando per l'Halibut per finire alle cappesante che qui chiamano scallops, forse perchè sono larghe come delle scaloppine e spesse come una bistecca. Buonissime, comunque! Qui a Telegraph Cove il Whale cafè, il ristorante locale, ha come specialità un piatto, consigliato anche dalla guida Lonely Planet, che si chiama Linguini. Ieri sera l'ho ordinato: mi hanno portato un piattone di linguine alla panna con sugo di pesce, cozze e spruzzata di emmental. Non ce l'ho fatta! Allora mi sono fatta portare una Green salad ma forse non parlo bene l'inglese e  mi sono beccata una Greek salad, ricca di cipolla e peperoni. Ho fatto lo slalom per acchiappare i pomodori, i cetrioli e le olive. Alla fine il piatto non è calato di molto, era colmo per due terzi. A parte questa piccola disavventura devo dire che qui in Canada da qualunque parte si vada, est o ovest, si mangia bene!

Catturare il grizzly non è facile...

































Siccome un'immagine vale più di mille parole, ho fatto precedere allo scritto alcune delle tantissime immagini scattate oggi.
Siamo partiti come preventivato alle 7 per il Tide Rip tour ( http://us.yhs.search.yahoo.com/avg/search?fr=yhs-avg-chrome&type=yahoo_avg_hs2-tb-web_chrome_us&p=tide+rip+grizzly+tours per il video pubblicitario su youtube) e alla quasi folle velocità di 25 nodi, dopo aver fatto colazione, data l'ora, con caffè e muffin, in poco più di 2 ore siamo arrivati in fondo al Knight Inlet dove l'estuario di un fiume crea con il mare una zona umida ricchissima di cibo, sia animale (salmoni), sia vegetale e quindi dove si possono ritrovare moltissime specie animali che vanno alla ricerca di cibo. Abbiamo prima di tutto incontrato delle simpatiche foche (nella prima immagine in alto ce ne sono due: una nuota e l'altra ha trovato in un tronco un comodo tapis roulant e si fa portare dalla corrente) poi ci siamo imbattuti in uno stormo di oche (ho già detto che ci troviamo sulla Pacific Flyway, praticamente la superstrada usata dagli uccelli migratori) che riposava (meraviglioso poi vedere tutto lo stormo partire come fosse un animale solo...). Intanto qualche aquila dalla testa bianca (bald eagle) e qualche falco pellegrino volavano da una riva all'altra del fiume/fiordo e ogni tanto si buttavano in acqua per prendere un pesce lasciandoci ogni volta emozionati per le loro evoluzioni aeree; fra le piante si poteva ogni tanto intravedere qualche cervo o capriolo che brucava... Però dei nostri obettivi, i grizzly, nemmeno l'ombra, nonostante siamo stati una buona mezz'ora buoni buoni in silenzio ad aspettare che "succedesse qualcosa". Siamo allora tornati alla nostra barca-madre (infatti nel frattempo arrivati dove il fondale era troppo basso ci eravamo trasferiti su una barca a fondo piatto, con un piccolo motore silenziosissimo e addirittura certe volte la nostra guida spegneva il motore e scendeva a spingere/tirare la barchetta nelle direzioni in cui lui sapeva avremmo potuto trovare fauna interessante da fotografare) per il pranzo, panini e verdure con una tazza di caffè. Passato un po' di tempo e salita la marea, siamo ritornati sulla nostra barchetta e ci siamo potuti addentrare maggiormente lungo l'estuario del fiume; dopo poco abbiamo avvistato mamma grizzly con due piccoletti che giocavano e litigavano, ma prima di tutto mangiavano le bacche e l'erba umida. E lì ci siamo scatenati con le macchine fotografiche, mantenendoci però sempre a debita distanza, visto che una mamma orsa di quasi 200 kg che sente i cuccioli minacciati non è un incontro piacevole. Siamo rimasti quasi un'ora a fotografare la famigliola grizzly sino a quando la guida non ci ha detto che il vento stava cambiando e che dovevamo rientrare. Tornati sulla barca-madre ci siamo accorti che il vento era davvero cambiato perchè il mare si era increspato, ma nonostante questo la velocità è sempre stata di 25 nodi (abbiamo capito a questo punto perchè alla partenza del tour dicevano che era proibito alle donne gravide e a chi soffriva di mal di schiena) sino a quando non abbiamo avvistato lungo la riva un grande orso nero anziano che era sceso verso il mare per uno spuntino: sosta per fotografare anche questo poi di nuovo siamo sfrecciati verso Telegraph Cove, dove siamo arrivati verso le 16.30, ovvero 9 ore dopo la partenza. Ma tante sono state le emozioni che non ce ne siamo quasi accorti.
Adesso andiamo a cercare qualche barbecue per ristorarci pure noi...
Alla prossima















domenica 5 settembre 2010

Giusto per dare l'idea...







Non sono immagini mie, ma sono quello che google fornisce per Telegraph Cove. Come da titolo, solo per avere di un'idea di dove siamo finiti..
Le mie foto appena possibile.

Telegraph Cove, BC


Sempre ad ore antelucane (ma questo ci permette di prendere un minimo di caffè per essere svegli e un paio di fette di pane tostate appena alzati e di fare una comoda "seconda colazione" lungo la strada, trovando spesso dei localini tipici davvero graziosi) siamo partiti da Nanaimo per avventurarci nel nord dell'isola di Vancouver, una lingua di terra lunga circa 400 km e larga al massimo 70, sino alla nostra destinazione finale, Telegraph cove. Nel primo tratto abbiamo attraversato una zona molto inurbata e ricca di centri commerciali e di attività industriali, poi, lasciata la periferia di Nanaimo, ci siamo spostati sulla costa accolti da un intenso odore di salsedine e da uno stormo di oche che, come noi, si era fermato per riposare. C'è da dire, infatti, che qui siamo sulla "Pacific flyway" ovvero la rotta che gli stormi di uccelli migratori seguono nel loro continuo peregrinare da nord a sud del mondo. Lungo questa bellissima litoranea ci siamo fermati a Willow Point, nella periferia di Campbell River, dove in un locale gestito da un'ucraina (mica vengono solo a fare le badanti in Italia!) abbiamo mangiato uova e toast davvero deliziose, in compagnia degli indigeni, di solito gente che viene qui per pescare, in questi giorni approfittando anche del fatto che lunedì è festa (labour day) così fanno un weekend lungo. Il locale, anche se non grandissimo, era tenuto molto molto bene, i tavoli erano ben apparecchiati e tutto "odorava di pulito" [N.B. in tutti i posti dove ci siamo fermati, anche nelle "rest areas", spesso solo delle piazzole con spazio per poche auto, lungo le strade deserte abbiamo SEMPRE trovato tutto pulito, con la carta igienica sempre presente anche se c'erano i gabinetti chimici. Al Pyramid Lake c'era anche un distributore di gel disinfettante...Segno che c'è una buona manutenzione, ma anche che la gente sta attenta a come si comporta e lascia le cose come vorrebbe trovarle]. A Campbell River, però, "finisce il mondo": dopo i totem sulla spiaggia e una bellissima passeggiata nella parte centrale del paese, parte l'unica strada che arriva sino a Port Hardy, ultimo punto civilizzato dell'isola da cui partono i traghetti per Prince Rupert, nei territori del Nordovest, dove forse il clima è tiepido solo a Luglio. La strada però è bellissima, panoramica, con foreste di conifere che fiancheggiano la strada, qualche rapace che vola alto e i cerbiatti che si affacciano a vedere le macchine che passano (lungo tutta la strada si sprecano i cartelli "pericolo attraversamento animali). In meno di un paio d'ore siamo arrivati a Telegraph Cove. Un tempo questo era praticamente l'ultimo palo della linea telegrafica che serviva a legnaioli e pescatori per rimanere in contatto col mondo, poi è diventata sede di una segheria e, dopo la guerra, è arrivato anche un gruppo elettrogeno a motore, che serviva per tutto il villaggio (60 persone). Adesso ovviamente c'è la corrente (e la connessione wifi, anche se questa volta non gratuita ma all'astronomico costo di 4,50 dollari/giorno pari a 3,80 €) e il villaggio è diventato una graziosa stazione turistica che però ha mantenuto, ristrutturandole, le abitazioni del tempo. Noi siamo in un bungalow (due letti e bagno) che faceva parte di una casa di quando qui vivevano solo legnaioli e pescatori. Nella baia è stata realizzata una marina con molti moli (tutto in legno!) galleggianti da cui partono le barche di quelli che escono in mare aperto per pescare. La cosa carina è che sono state create anche delle zone dove pulire il pesce e delle altre dove cucinarlo su dei barbecue a gas. La cosa meno carina è che per l'utilizzo di queste stutture l'odore nell'aria non è dei più gradevoli e gli strilli dei gabbiani bucano le orecchie. Ma anche questo è natura. Noi siamo qui perchè da questi moli partono anche:






  • Le visite in mare aperto per l'avvistamento di orche, balene e leoni marini (pare anche che le orche stazionino prorio qui di fronte per cui non è difficile, scrutando il mare, vederle affiorare) Noi per questo tour, di circa 3 ore e mezza, partiremo lunedì pomeriggio




  • I tour nei fiordi qui intorno alla ricerca dei grizzly, tour che noi abbiamo, vista l'enorme richiesta e la scarsa disponibilità di posti, dovuto prenotare in Gennaio e che partirà domattina alle 7 per finire verso le 16



Dicevo che qui è abitudine cucinare quello che si è pescato, quindi, anche se non ci siamo dati per nulla da fare, ne approfittiamo anche noi...


Bye







sabato 4 settembre 2010

Architetti castori


Tutto un ruscello bloccato da tronchi, rami e sterpaglie...
Dalla foto si deduce anche che il meteo oggi è stato MOLTO favorevole: solo l'altro ieri eravamo a 1900 metri sotto la neve con 3°, oggi dovevamo tenere l'aria condizionata alta perchè, sempre in montagna (e anche sopra i 1000 metri...) avevamo 23°

Tappa di trasferimento

Anche oggi i soliti 500 km... (erano 460 però ci stava anche 1 ora e mezza di nave)

Lasciate le montagne rocciose ci siamo diretti verso il mare e Vancouver. Partiti quindi da Kamloops, che abbiamo capito essere la tappa intermedia di tutti i turisti dal mare alle montagne rocciose e viceversa, per abbreviare il percorso abbiamo proceduto per strade interne e così abbiamo potuto vedere una nuova realtà di questo sterminato paese. Tutto il territorio da Kamloops fino quasi a Vancouver venendo da Nord è popolato da indiani (o meglio per essere politically correct da nativi americani), ci sono ranch, fattorie dove si alleva bestiame e cavalli (e in qualche posto Sabato fanno il rodeo); una parte di territorio è brulla e deserta ed un'altra è sempre disabitata ma molto rigogliosa di alberi e piante. Tutte queste comunità sono spesso molto distanti fra loro: fra Lilooet (dove ci siamo fermati in un locale che sembrava uscito pari pari da un film sui cercatori d'oro o sui commercianti di pelli) e Pemberton ci sono quasi 100 km di strada di montagna, a tratti sterrata (e guido sempre io!), che in inverno viene chiusa in cui non si vede alcun insediamento umano, ma che paesaggisticamente non ha nulla da invidiare a nessuno. Ad un certo punto abbiamo anche visto una diga enorme di tronchi e rami fatta dai castori, ma non siamo riusciti a vedere i castori (abbiamo però visto qualche scoiattolo ed un picchio dalla testa rossa) ed io ho visto anche una marmotta. Gli avvistamenti sono stati fugaci quindi non abbiamo fatto in tempo a fotografarli. Siamo anche passati per Whistler, sede delle prove di sci e bob delle ultime olimpiadi invernali, dove ci siamo fermati per riposarci, fortunatamente solo un'ora così Stefano non ha potuto fare danni irreparabili alla carta di credito. Infatti il nuovo centro del villaggio pare sia stato costruito proprio per le ultime olimpiadi e assomiglia in tutto e per tutto ad un outlet delle nostre parti. Ci sono proprio gli stessi negozi (Prada, Footlocker, Merrell, Helly Hansen...) alternati a bar e ristoranti, solo che al piano di sopra dei negozi, organizzati lungo portici e piazze, ci stanno gli alberghi. E' un posto molto carino, in questa stagione pieno di ragazzi con le mountain bikes (la prossima domenica si corre una gara ciclistica chiamata "Sea to Sky", dal nome della strada che congiunge Vancouver a Whistler e che ha lo stesso percorso), ed è, sino ad ora, il posto più affollato che abbiamo visto. Arrivati in pochi km a vedere il mare, dato che qui le montagne innevate hanno i piedi nell'acqua di mare poichè i ghiacciai hanno scavato dei profondi fiordi, ci siamo imbarcati per raggiungere Nanaimo, nostra attuale sede, sull' isola di Vancouver. Le procedure di individuazione del molo, acquisto biglietto, salita sulla nave (con la macchina!) e successivo sbarco sono avvenute quasi senza che dovessimo neppure slacciare le cinture di sicurezza, in pochi minuti e con un ordine e un'efficienza sorprendenti. La navigazione di circa 90 minuti è stata più che confortevole, su un ponte passeggeri con poltrone comode sia al coperto che all'aperto, 2 ristoranti, sala giochi per adulti e per bambini, spazio per animali domestici, numerose postazioni internet e/o telefoniche e negozio di articoli vari (ripeto: per 90 minuti di traversata, non per una crociera...). Più si va all'estero, più si capisce quanto l'Italia stia andando indietro e quanto si debba al più presto cambiare questa situazione.

E anche questa, che doveva essere solo una giornata di transizione, si è rivelata una giornata piena di gradite sorprese.

Alla prossima.
A proposito, ora comincia la parte più "selvaggia" del nostro viaggio, in zone non molto antropizzate (come se fino ad ora avessimo fatto un bagno di folla!) dove non siamo sicuri di poter trovare, come abbiamo sempre fatto sino ad ora, connessioni wifi disponibili (e gratuite! Altra differenza con l'Italia...). Ci faremo comunque vivi appena possibile.

venerdì 3 settembre 2010

Specie catturate






















Nell'ordine: aquila dalla testa bianca, orso, salmone (non facile da vedere: ha la coda bianca), anatra e due cervi femmina

Oggi caccia grossa

Abbiamo "catturato" animali di 5 specie diverse in cielo, terra e acqua...
Ovviamente ci siamo alzati all'alba; dopo una discreta colazione, giusta per quantità, qualità e prezzo, ci siamo diretti a vedere gli ultimi duel laghi che ci mancavano del parco di Jasper, il Patricia ed il Pyramid. Arrivati con le prime luci al lago Patricia, appena scesi dalla macchina uno strarnazzare di oche in cielo ha attratto la nostra attenzione ed abbiamo visto uno stormo di oche in volo basso; mentre stavamo riprendendo il lago, mi sono girata ed ho visto una cerva che brucava mentre il suo piccolo mangiava da lei, mentre a pochi metri un'altra cerva stava risalendo nel bosco. Posso descrivere l'emozione? C'eravamo noi, unici umani, e la natura sotto le forme di animali, piante e montagne. Qualche km più avanti siamo arrivati al Pyramid che ha un'isoletta raggiugibile con un ponte in legno da cui ho visto delle anatre che pescavano, immergendosi nel lago e riemergendo dopo molti metri: su questo lago eravamo non soli ma con un'altra coppia, insomma qualcun altro iniziava a svegliarsi. Lasciato a malincuore il luogo, ideale per riposare, meditare, rilassarsi, leggere un libro su una delle panchine lungo le rive del lago, ci siamo diretti verso Kamloops, nostra tappa intermedia da e per il mare. Appena immessi sulla highway 16, proprio sullo svincolo, c'erano due cerve ed un cerbiatto (che non potevano essere quelle di prima, perchè avavamo fatto una decina di km...), così per fotografarle si sono fermate alcune auto e pure un pulman di turisti: in pratica s'e bloccato lo svincolo. Dopo una ventina di km di highway 16, dove passavano auto, camper e "tracconi" (se un camion normale si chiama truck, uno grande...), abbiamo visto due camper fermi ai due lati della strada i cui conducenti fotografavano qualcosa lungo la scarpata, poi un'auto che si fermava dietro un camper, poi due motociclisti che ci avevano superato fare inversione a U, quindi ci siamo fermati anche noi e Stefano è sceso con la macchina fotografica; arrivato all'altezza del camper, la signora che lo occupava lo ha avvertito sottovoce "Look out, there is a bear!". Ebbene si, lungo la statale, in mezzo al traffico, un orso faceva colazione a base di bacche. Si sono fermate altre auto, tutti in silenzio,  gli unici rumori che si sentivano erano quelli delle fotocamere e dei tracconi che passavano; mi sono accorta così che su quella strada, a quell'ora, o passano tracconi o passano turisti! Sbrigata anche questa pratica siamo passati davanti alla montagna più alta delle Rockies canadesi, il monte Robson, che ha sempre la nuvola sulla testa peggio di un quadro di Magritte. Deviando poi per la highway 5 ci siamo diretti verso Valemount dove avevo letto su internet dal racconto di una signora (unica a riportare la notizia) che nel torrente che attraversa la località si potevano vedere i salmoni. Stefano non si voleva fermare ("e figurati se i salmoni vengono a farsi vedere da noi, non possiamo perdere tempo perchè a Kamloops dobbiamo anche fare le lavatrici") ma io ho insistito così siamo scesi lungo il torrente (noi e una coppia di tedeschi che giravano in moto) e, naturalmente, abbiamo avvistato due salmoni che giocavano con la corrente, ora lasciandosi portare, ora saltando controcorrente, ora stando fermi mentre la corrente li travolgeva. Catturata quest'altra specie animale, ci siamo rimessi in cammino verso Kamloops. Mentre Stefano, che doveva stare vigile a controllare che non si vedessero alci (i cartelli continuavano a segnalare "pericolo attraversamento alci", quindi gli alci ci dovevano essere...), si addormentava, io mi sono fatta decine di km da sola fino a che non ho visto un cartello "River safari, cafè on terrace" e ho deciso di fermarmi a bere un caffè e a riposarmi. Avvertita la decelerazione, Stefano si è svegliato. Mentre bevevamo il caffè ci siamo informati su cosa fosse questo river safari: un giro di un'ora su barche a fondo piatto in cui si prometteva l'avvistamento di orsi lungo il corso del Mad river. Visto che eravamo in anticipo sulla tabella di marcia, che la cosa sembrava interessante e che il successivo tour sarebbe partito di lì a poco, abbiamo deciso di aggregarci al primo gruppo in partenza. (eravamo in 12, solo europei, oltre a noi una famiglia spagnola ed un gruppo di inglesi) Ci hanno portato, lungo questo fiume, non lontanissimi dal punto di imbarco e si sono messi a costeggiare la riva con il motore al minimo sino a quando, in un'insenatura, abbiamo avvistato un orso che stava rompendo dei tronchi per mangiare gli insetti che c'erano dentro. Avvicinati lentamente e spenti i motori, siamo arrivati a pochi metri dal plantigrado che, incurante della nostra presenza, ha continuato la sua opera muovendosi lungo i massi della riva alla ricerca di tronchi che potessero contenere il suo cibo (la guida, dopo, ci ha spiegato che non esiste un periodo della giornata per il pasto, l'orso mangia in continuazione, pesci se e quando li riesce a prendere oppure termiti, insetti e bacche che trova sul suo cammino). Di fianco a noi stava un'altra barca della stessa organizzazione (questa invece carica di tedeschi...) con a prua accucciato il cane della loro guida, che, visto l'orso, non ha avuto la minima reazione (ma neppure l'orso, segno che ormai sono abituati a vedersi). Subito dopo, a pochi metri da lì, è sceso dalla foresta verso il fiume un altro orso che ha passeggiato un po' per la riva sino a che non ha trovato cibo che gli interessasse. Ancora pochi minuti e, sempre dalla foresta, sono usciti mamma orsa con orsetto al seguito. E siamo a 4 orsi, più quello visto la mattina... Mi sono accorta che, sull'altra riva del fiume, stava sulla cima di un pino un'aquila dalla testa bianca: ci siamo passati la voce tra noi turisti e la guida che ha riacceso i motori e ci ha portato sull'altra riva proprio sotto al pino in questione. L'aquila stava vigile e girava la testa a destra e a sinistra sino a quando...ha spiccato il volo, si è librata qualche secondo in aria poi si è lanciata verso il pelo dell'acqua e ne è subito risalita con un pesce fra gli artigli. Con questa abbiamo catturato la quinta specie della giornata...
Ora sono qui a Kamloops, in attesa che la lavatrice e l'asciugatrice finiscano il loro lavoro, a scrivere delle mie emozionanti avventure...

A domani

giovedì 2 settembre 2010

Immagini sparse

Ghiacciaio Athabasca
Lago Peyto

Fiume Athabasca


Athabasca falls



Lago Maligne




Quando l'uomo è spettatore

Oggi abbiamo percorso non i soliti 500 Km, ma "appena" 290, che però sono stati molto intensi. Innanzitutto in tutti questi km non esisteva insediamento umano tipo paesino o addirittura città; l'uomo era presente solo come spettatore e di conseguenza esistevano (ma non più di 3 o 4) punti di ristoro o di "assistenza turistica", Per il resto comandava la Natura che si manifestava in tutta la sua grandiosità. Fiumi, laghi, montagne, torrenti, ghiacciai, animali tutto inserito in distese sterminate di alberi (lungo un'unica strada). Ad ogni curva si dispiegavano paesaggi spettacolari. Insegne discrete ti indicavano luoghi segreti che custodivano cascate inaspettate. Torrentini che diventavano fiumi, fiumi che si agitavano in rapide rapide che d'improvviso saltavano di 20 metri. Acqua smeraldina, talune volte di un azzurro intenso, altre opalescente, altre ancora cristallina. Poi sole, vento, neve, pioggia, caldo. La prudenza di trovarsi di fronte a tale forza permette di osservare un cervo che fa colazione o una mamma orsa che si tira dietro due orsacchiotti, uno scoiattoli che sbuca dalla foresta, raccoglie una ghianda e torna di nuovo nel suo rifugio.
Come definire questa giornata?
Appunto che l'uomo è spettatore.

PS: quando ho preparato questa vacanza, ho letto che la Parkway 93 è una delle strade più belle del mondo. Pensavo fosse esagerato, avendo in mente la costiera amalfitana. Ebbene mi sono ricreduta. Anche questa è una strada bellissima.

Curioso!



Cos'è, non hai mai visto uno scoiattolo?



Precedenza ai pedoni


Quando si gira da queste parti può pure capitare che un orsacchiotto attraversi la strada fori dalle strisce...

Incontro ravvicinato


Costui stava tranquillamente mangiando ai bordi della strada quando io sono andato a fotografarlo...

Il solito rompipalle!









mercoledì 1 settembre 2010

Mi avranno visto troppo magra?

Oggi per me è stata un a giornata difficile! Sono stata assalita da quintalate di cibo. Non c'è stata un'ordinazione che non sia stata meno di 1 kg di roba da mangiare. Hanno iniziato al 3Valley Gap con tre pancake larghi quanto un nostro piatto da dessert e spessi un dito (orinzontale, per fortuna!) con due uova strapazzate a coprirli, una fetta di prosciutto, non come le nostre sottili, ma grossettina ( e questa forse era la cosa più normale del piatto) e sciroppo d'acero. Ho lasciato due pancake nel piatto.
Al Fairmont, sul lago Louise, un tea è stata una impresa, due scones con panna e marmellata, 4 piccoli tramezzini, vari pasticcini, una macedonia e mi volevano dare pure il prosecco. Ma come mangiano qui? Ho mangiato la macedonia, mezzo scones e un paio di tramezzini. Il resto se lo è riportato indietro una cameriera molto meravigliata, che ha detto che le sembrava di avermi già visto lì. Non ero io di sicuro ma forse esiste in giro per il mondo una mia sosia molto ma molto danarosa!
Ah, volevo dire ch si è vero la Rockies possono sembrare un po' le Dolomiti ma vestire i  vallets del Fairmont da finti tirolesi mi sembra il colmo!!
Che dirvi di più: l'Emerald lake è bellissimo ed anche il ponte naturale del Kicking Horse River è spettacolare. Gli altri sono belli lo stesso ma molto frequentati.
Buona giornata a voi e a noi buon riposo.

Finalmente le Rockies!

Stamani ci siamo svegliati alle 5 giusto per non perdere l’abitudine e un po’ perché dovevamo guadagnare 1 ora che avremmo perso cambiando fuso orario nel nostro passaggio in Alberta. Fatta una piccola colazione che, come l’albergo, era decisamente migliore di quello del giorno prima (mi sono pure fatto da solo i waffel), ci siamo incamminati per i nostri ormai abituali 500 km di strada. Il tratto da Kamloops alle prime montagne era decisamente una zona commerciale o di vacanze low cost (una di queste località sul lago si chiama Sorrento, poi se loro vogliono fare i confronti, peggio per loro…), con segherie sull’argine dei fiumi che lavoravano i tronchi portati dalla corrente e centri commerciali che, data l’ora, erano tristemente vuoti. Nella nostra direzione non abbiamo visto andare nessuno se non dei convogli ferroviari che dire lunghi sarebbe riduttivo: di solito erano utilizzate 3 motrici, una in testa, una al centro ed una in fondo; e su quelle rotaie abbiamo visto per almeno un’ora più vagoni che automobili. Dopo un paio d’ore ci siamo fermati in un luogo, anch’esso di vacanza ma pareva molto meno low cost con un lodge molto carino ed un ristorante dove, volendo fare noi una colazione un po’ più sostanziosa, ci hanno servito una montagna di frittelle e uova che Cinzia non è riuscita a finire (e neppure io sono riuscito ad aiutarla). Dopo di che abbiamo visto la nostra prima Rocky Mountain, il Revelstoke che è la prima foto che ho inserito in cima al post e la cosa sorprendente per noi, che avevamo goduto dell’esplosione di colori del Quebec, è stato scoprire che i colori e le forme sono molto simili a quelle dolomitiche e che le piante sono generalmente conifere, ovvero tutte verdi, anche se di tante diverse gradazioni di colore. Poi il programma prevedeva al scoperta dei vari gioiellini della zona, piena di laghi di origine glaciale. Abbiamo iniziato con l’ Emerald Lake che meritava in pieno il suo nome essendo appunto di colore smeraldino e il ponte naturale ottenuto dal fiume Kicking Horse, immissario del lago Emerald, scavando con le sue cascate nella roccia. Sia del lago che delle cascate siamo stati davvero favorevolmente impressionati. Ma il tempo è tiranno, non avevamo molto tempo e quindi dovevamo correre verso il nostro nuovo punto di interesse (lo so, parlo come il Tomtom, ma visto che per muoverci usiamo quello…) che era il lago più fotografato del mondo (ma poi queste statistiche a chi vengono in mente?), ovvero il Lake Louise. Basta fare un attimo mente locale e pensare ad una foto di un lago di montagna in cui qualcuno sta pagaiando dentro una canoa rossa, bene quello è il Lake Louise con dietro il monte Temple ed il ghiacciaio Vittoria. Ci siamo pure voluti abbandonare ai piaceri (costosissimi!) di un the nell’albergo adiacente al lago e Cinzia, che voleva solo un the, si è vista portare nell’ordine: una coppetta di frutta al Cointreau, 4 sandwiches, scones con panna e marmellata e un vassoietto di pasticceria (ed ha pure rinunciato ad un calice di prosecco!). Ovviamente c’era anche il the. Le prime impressioni che abbiamo avuto del parco naturale di Banff sono che le Rockies della provincia dell’Alberta (con quello che in Canada è una provincia in Europa si fanno almeno un paio di stati) sono esageratamente sfruttate dal punto di vista turistico, perdendo così quell’aspetto di “bellezza selvaggia” che ci sarebbe se dietro non ci fossero strutture alberghiere e di business che rovinano un po’ tutto. Il che non toglie nulla alla bellezza ed alla maestosità dei luoghi. Infine dopo aver visto, saliti sino a quota 1880, il Lake Moraine un po’ in fretta perché nel frattempo aveva iniziato a piovere, siamo scesi a Banff, dove stanotte dormiremo. Per il momento ci sembra un posto molto carino (la guida Lonely Planet dice che è “la Cortina delle Rockies”: speriamo almeno sia molto meno cara), anche se mi preoccupa un po’ il fatto che al mattino sono previsti 2°-3° di temperatura: vabbè, ci copriremo…

martedì 31 agosto 2010

Fama e fame

Il ristorante dell'albergo, ahinoi, è un ristorante italiano, anzi è, secondo un sondaggio, il miglior ristorante italiano di Kamloops (il che fa pensare ce ne siano altri...) e, per il fatto che siamo comunque stanchi, non abiiamo voluto andare in giro e ci siamo fermati in albergo. Innanzitutto l'interno è tappezzato di manifesti delle saghe che hanno reso celebre l'Italia in America, ovvero foto delle varie versioni e numerazioni de "Il padrino" o "I soprano" e la musica non va oltre un'alternanza di "Torna a Surriento" e "'O sole mio". (ma chi l'ha detto che gli italiani all'estero non sono più considerati "Mafia & mandolino"?)
Poi i piatti... Come si fa anche solo a pensare che le lasagne ai frutti di mare possano essere condite con mozzarella? Insomma i canadesi facciano i canadesi, soprattutto perchè sanno fare da mangiare davvero bene, basta che facciano i loro piatti della tradizione, non quelli che imitano gli stranieri...
Io ho preso un'insalata purtroppo condita con il "parmesan", formaggio di dubbia provenenza, mentre Cinzia si è lanciata su una bruschetta, peraltro decentemente fatta se si escludono cipolle e peperoni in abbondanza che renderebbero la serata sociale un po' difficoltosa a chiunque. Per quanto riguarda il bere, la cosa migliore era l'acqua del rubinetto....

Non sopprimete i traghetti!


Come di prassi, ci siamo svegliati alle 4 del mattino. Tra un sonnecchiare, una visitina in bagno e un frenetico zapping attraverso pubblicità e notiziari sportivi per sapere che tempo faceva, siamo arrivati alle 6.30 quando il ristorante dell'albergo (che segnaleremo all'agenzia di viaggio perchè lo escluda dalla lista dei suoi albergi) apriva pr servire la colazione, che si potevano anche risparmiare (si è capito che non ci è piaciuta?). Siamo usciti alle 6.50 pronti per raggiungere l'higway 1 che ci avrebbe portato, dopo quasi 500 km, a Kamloops ai piedi delle montagne rocciose. Dopo una coda degna del passante di Mestre, abbiamo capito che l'autostrada era chiusa e, prima che uscissimo all'unico svincolo possibile siamo stati pure fermati da un poliziotto che voleva sapere perchè la nostra auto era targata Alberta e dove avevamo passato il confine (ma chi eravamo non era importante...), ma perchè stava chiusa l'autostrada non si era capito. Abbiamo impostato il Tomtom su una strada alternativa e ci ha portato in un bellissimo posticino dove abbiamo finalmente fatto una vera colazione americana e ci sembrava di essere sul set di Happy Days. Davanti al locale stava parcheggiata la macchina di Elvis Presley, dentro c'erano i jukebox piccolini ad ogni singolo tavolino e le pareti erano tappezzate di poster di Marylin, Elvis e James Dean ma il tutto era sovrastato da una statua a dimensione naturale di Elvis col microfono in mano. Il paese, vecchio luogo di ritrovo dei cercatori d'oro sul fiume Fraser, era davvero carino, con un'unica strada con tutti i negozi ben allineati e le casette basse, tutto restaurato come fosse la fine dell'800, compresa la stazione. E qui succede il dramma. Secondo il Tomtom alla fine della strada c'era un traghetto che ci avrebbe fatto attraversare il Fraser: arrivati all'imbarcadero abbiamo trovato tutto chiuso e incatenato e solo un vecchio pescatore che ci ha spiegato "We have no more ferry. now we have a new bridge", ma noi sembrava molto triste della cosa. Non era dato però di sapere dove fosse questo "new bridge": chi ci diceva di girare da una parte, chi ci indicava di percorrere un'altra strada, senza che ci fosse nessuna freccia o nessun cartello; dopo 2 ore di girovagari inutili e una mezza litigata fra di noi, usando parte della spiegazione della benzinaia (che però ci diceva di imboccare la 96 fino a trovare la 201, ma come caspita facevamo se non stavano scritti inumeri da nessuna parte?) e una preziosissima dritta di un trio di anziani che uscivano da un golf club (se mi dici "vai a sinistra e poi gira a destra al semaforo dove all'angolo vedi un negozio di computer" allora si che capisco...) siamo finalmente riusciti a trovare il ponte (mastodontico, ma assolutamente stonato per il tipo di luogo, a dimostrazione che il vecchio pescatore non aveva tutti i torti).Trovata la strada, eravamo però in ritardo sulla tabella di marcia e non siamo potuti andare ad Hell's gate, il luogo dove si faceva la ricerca dell'oro, così ci siamo accontentati di fermarci ad Hope, dove ci siamo riposati un po' e abbiamo fotografato il Fraser e alcune staue di legno scolpite dagli indiani.  Infine, attraverso una comoda e panoramica autostrada, senza però che vedessimo, lungo i quasi 200 km percorsi, una sola stazione di servizio, siamo arrivati a Kamloops. Quella autostrada, la numero 5, segnalava ogni tanto un punto (torrente, punto di osservazione, viadotto...) attribuendogli un nome di personaggio di Shakespeare: avevamo così Othello creek, Portia bridge, Shylock bridge, Desdemona point...

29 Agosto (e non siamo seduti in nessun caffè)

IL VIAGGIO




Partenza da Pisa in un aereoporto congestionato da una scolaresca (un intero istituto?) che andava a Londra e che ci siamo poi ritrovati sul nostro volo, fortunatamente molte file dietro di noi, e da miriadi di villeggianti che andavano a Sharm el Sheik (pareva che i voli fossero cadenzati ogni ora come i pulman della SITA...). Saliti sul volo Pisa-Londra subito ci siamo accorti che c'era qualcosa di profondamente diverso dal solito: si potevano muovere le gambe, non c'era lo schienale di quello davanti che ti spingeva sulle ginocchia...Ma solo quando abbiamo ricevuto un vasssoio con otttimo salmone e patate, servito su piatti di ceramica con posate di acciaio e tovagliolo di stoffa abbiamo realizzato: era la Business!! Lo steward gentilissimo sapeva anche che Stefano doveva avere uno "special meal" e glielo ha portato con grande gentilezza e prontezza. Arrivati a Heathrow i soliti controlli di sicurezza ci hanno fatto perdere molto tempo e questa è stata una cosa buona perchè così Stefano non ha avuto possibilità di "fare danni" in giro per i duty free dell'aereoporto visto che eravamo impegnati correre da un termnal all'altro. Arrivati al nostro cancello d' imbarco siamo stati fatti entrare con precedenza (ah, la business!) e fatti accomodare su delle specie di poltrone letto su cui facevano bella mostra cuffiette che nemmeno a casa le ho, cuscino e una calda coperta. Tra un pasto (ti fanno pure scegliere fra varie portate!), un film, una partita a backgammon (vinte tutte!), un CD di musica (Stefano si è riempito le orecchie di Bach e Chopin...), una sana dormita (quasi come sul letto di casa, con i piedi sollevati...), vari passaggi delle hostess con vino, drinks, caffè, biscottini, sandwiches e quanto di meglio si potesse chiedere, sono passate le quasi 10 ore del volo, ahinoi, un po' in ritardo sull'orario stabilito.



VANCOUVER



Già dal finestrino dell'aereo abbiamo potuto vedere le bellezze incontaminate della zona che andremo a vedere nei prossimi giorni. Poi, nonostante temessimo che i controlli di sicurezza ci avrebbero fatto perdere altro tempo prezioso, è stato tutto velocissimo, compresa la consegna dei bagagli, tanto che eravamo fuori dall'aereoporto meno di mezz'ora dopo essere atterrati (in un aereoporto italiano non succede neppure coi voli interni...). Noleggiata, non senza qualche piccola incomprensione e discussione, la nostra auto, abbiamo iniziato a cercare l'albergo mettendo l'indirizzo sul TomTom ma ci siamo accorti, dopo quasi un'ora di giri a vuoto che per queste stupide macchinette da cui facciamo dipendere le nostre azioni scrivere South West è diverso che scrivere SW, ma chiarita l'incomprensione col software, abbiamo raggiunto in fretta il luogo che cercavamo, siamo saliti in camera e siamo crollati sul letto visto che eravamo in piedi da 23 ore (la cosa strana è che, volando verso ovest, il sole per tutte quelle ore non è mai tramontato. Ci siamo alzati in Italia alle 8 e siamo andati a dormire a Vancouver alle 22 avendo visto il sole tramontare solo dopo il nostro arrivo ( per il nostro corpo però non erano le 22 ma le 7 del mattino dopo!)

domenica 29 agosto 2010

Partenza

E' il giorno della partenza. Alle 9 siamo usciti per andare a fare colazione al Tripoli, come è prassi qui a Massa. Un buon cappuccino e due altrettanto buone brioches. Io ho preso una Parigina con la crema e Stefano una sfogliata con le pere. Poi passaggio doveroso in farmacia, per medicalizzare il mio consorte. Bucato il sederone e impasticcato con antibiotico. Disinfettato ferita e medicata. Ora tutto è a posto. Aspettiamo Andrea, il cugino di Stefano, che è andato a comprare i giornali. Intanto facciamo la guardia ai gatti. Pare, e sembra notizia certa, dicevo pare che Koko abbia picchiato Remìgio, il quale adesso miagola più sommesso e sembra meno aggressivo. Speriamo bene!

E'notte....

Sono il consorte che vigila sulla casa abitata dai felini...
Vigila è il termine più appropriato. In questa casa ci sono 2 gatti stanziali (oddio, vivono un po' dentro e molto fuori, ma sono gatti "ufficiali" della famiglia) più la mia Koko che all'età di pochi mesi mi ha seguito quando io sono venuto per la prima volta nel 2002 a lavorare sulla west coast e che in seguito ha trascorso tutti i 3 anni con me in questa casa quando io facevo il funzionario comunale per la farmacia di Massa: insomma non è la padrona di casa ma i gatti stanziali (Guido e Tobia) la trattano come se fosse una di casa, basta solo che rispetti i suoi turni per il pasto. Ma nel frattempo si è adottato (da solo) anche Remigio, piccolo trovatello (si, trovatello nel giardino di casa...) che sta cercando, da piccolo e da ultimo arrivato, una sua posizione sociale nella famiglia felina. All'apparire di Koko, Remigio, che si era duramente guadagnato il posto di terzo favorito, si è dovuto scontrare con la dura & triste realtà: al terzo posto stava la piccoletta siamese venuta dalle nebbie. Non conoscendo bene il linguaggio diplomatico dei felini Remigio ha scatenato una furibonda rissa con Koko ed io, assai imprudentemente, ho tentato di separarli. Risultato: una zanna remigina piantata nel vivo del mio indice destro con un dolore lancinante e copioso sanguinamento. Ma quel che è peggio è stato il commento assolutamente non contraddicibile di Cinzia: domattina ti fai l'antitetanica.
Attualmente sto svolgendo un turno di guardia perchè Remigio, chiuso fuori per punizione, non rientri, mentre Guido e Tobia possono entrare ed uscire a loro garbo: pure Koko potrebbe uscire ma se in uno degli orti circostanti, incontrasse Remigio, finirebbe ancora a botte.
Insomma, il lavoro del portinaio....